In questo periodo dell’anno, con le assemblee di approvazione del bilancio, è usuale procedere alla assegnazione degli incarichi di revisione legale. Può essere pertanto utile riflettere su alcuni aspetti del quadro normativo e della prassi in tema di determinazione del corrispettivo da inserire, da parte del candidato revisore, nella proposta di incarico.
Il decreto legislativo 27 gennaio 2010 n. 39 , che ha riformato la normativa sulla revisione legale, parla del corrispettivo dell’attività di revisione all’interno dell’art. 10, rubricato come “Indipendenza e obiettività”. Questa collocazione fa già riflettere, e non poco. Ma su tale aspetto torneremo alla fine di questo post.
In particolare il comma 9 recita: “Il corrispettivo per l’incarico di revisione legale non può essere subordinato ad alcuna condizione, non può essere stabilito in funzione dei risultati della revisione, ne’ può dipendere in alcun modo dalla prestazione di servizi diversi dalla revisione alla società che conferisce l’incarico, alle sue controllate e controllanti, da parte del revisore legale o della società di revisione legale o della loro rete”.
Il comma 10 invece recita: “Il corrispettivo per l’incarico di revisione legale è determinato in modo da garantire la qualità e l’affidabilità dei lavori. A tale fine i soggetti incaricati della revisione legale determinano le risorse professionali e le ore da impiegare nell’incarico avendo riguardo:
a) alla dimensione, composizione e rischiosità delle più significative grandezze patrimoniali, economiche e finanziarie del bilancio della società che conferisce l’incarico, nonché ai profili di rischio connessi al processo di consolidamento dei dati relativi alle società del gruppo;
b) alla preparazione tecnica e all’esperienza che il lavoro di revisione richiede;
c) alla necessità di assicurare, oltre all’esecuzione materiale delle verifiche, un’adeguata attività di supervisione e di indirizzo, nel rispetto dei principi di cui all’articolo 11.”
Il principio di revisione internazionale ISA 210 Accordi relativi ai termini degli incarichi di revisione (nella versione clarified tradotta dal CNDCEC), all’interno del paragrafo A23 “Forma e contenuto della lettera d’incarico di revisione” , sottolinea che la lettera di incarico dovrebbe riportare “i criteri di determinazione dei corrispettivi e le modalità di fatturazione”.
Sulla modalità e le cautele nella fase di determinazione del corrispettivo si sono alternati diversi e autorevoli interventi da parte della Professione; in questa sede ricordiamo due documenti recenti e di contenuto operativo:
– Le “Linee guida per l’organizzazione del collegio sindacale incaricato della revisione legale dei conti” del CNDCEC (febbraio 2012) e
– “Una proposta per la quantificazione dei tempi necessari allo svolgimento del mandato di revisione legale per i collegi sindacali e per il sindaco unico” della Commissione controllo ODCEC di Milano (aggiornamento dicembre 2011).
Per un maggiore approfondimento di tali documenti, anche alla luce dei contesto normativo ora richiamato, si rinvia al contenuto della Circolare del Revisore di questo blog.
In questa sede si vuole però ancora una volta sottolineare la grave incongruenza fra l’ impegno profuso da chi svolge l’attività di revisione contabile secondo gli standard qualitativi prescritti, le gravose responsabilità che ne conseguono, e l’ammontare dei corrispettivi ottenibili, di norma poco remunerativi.
Si torna allora alla questione accennata all’inizio di questo post: la qualità del lavoro di revisione è strettamente connessa al grado di indipendenza del revisore rispetto al soggetto revisionato e alla remunerazione del lavoro impiegato. Ma come garantire la congruità dei corrispettivi in un sistema in cui, come è noto, è il medesimo soggetto sottoposto a revisione che, in ultima istanza, determina il corrispettivo del revisore tramite la nomina ( o la non nomina) dello stesso? In un sistema in cui, tra l’altro, il lavoro svolto dal revisore non è verificabile dall’esterno per quanto riguarda la compliance con i principi di riferimento, creando di fatto una distorsione concorrenziale fra soggetti “conformi” e non?
Certamente l’avvio dei controlli di qualità – previsti dall’art. 20 del Dlgs 39/2010 ma ad oggi non ancora operativi – rappresenterà un passo in avanti verso la direzione auspicata. Ma non è di per sé sufficiente a garantire il corretto andamento del “mercato” della revisione.
Va anche rivisto quell’orientamento, suffragato anche da certe recenti iniziative governative, di considerare la revisione legale come una mera incombenza burocratica, un onere amministrativo da tagliare e non un attività che concorre – rendendo più attendibili i bilanci delle imprese – alla stabilità del quadro economico. Salvo poi, come accaduto in questi giorni a seguito degli scandali finanziari che hanno interessato le tesorerie di alcuni partiti politici, invocare la revisione contabile dei bilanci come la panacea di ogni male derivante dalla scarsa trasparenza o dalla frode. Orientamenti contrastanti che, inevitabilmente, rischiano di snaturare o di caricare questa attività professionale di aspettative eccessive.