Con il decreto 135/2016 è stata introdotta un’ulteriore circostanza di revoca dell’incarico di revisione che si aggiunge alle possibilità di revoca assembleare, di dimissioni e di risoluzione consensuale. In particolare, nel caso di enti di interesse pubblico, il comma 9 che ha ampliato l’articolo 13 del decreto 39/2010 permette all’organo di controllo, alla Consob o agli azionisti dell’ente in questione che rappresentino almeno il 5 per cento del capitale sociale, di rivolgersi al Tribunale civile per la revoca dell’incarico del revisore o della società di revisione a fronte di giustificati motivi. Fino ad ora la normativa non assegnava all’autorità giudiziaria il potere di intervenire sulla nomina o sulla revoca di un revisore, tant’è che lo stesso decreto 39 introdotto nel 2010 aveva abrogato l’obbligo di omologazione da parte del Tribunale civile in merito alle decisioni assembleari di revoca del revisore, disposto invece dalla riforma Vietti del 2004. Nel caso specifico degli enti di interesse pubblico e degli enti sottoposti a regime intermedio i poteri di vigilanza sui processi di revoca, dimissioni o risoluzione spettano alla Consob, altrimenti questi poteri sono in capo al Mef.
Restano le norme da seguire per la revoca del revisore da parte dell’assemblea, per le dimissioni dall’incarico e per la risoluzione consensuale del contratto, procedure rigorose sulle quali è intervenuto anche un apposito regolamento attuativo contenuto nel decreto ministeriale del 28 dicembre 2012 numero 261. Se prendiamo in considerazione l’ipotesi di risoluzione anticipata, vediamo che occorre rispettare una prassi scrupolosa. In primis l’organo di amministrazione predispone una relazione che dà conto dei motivi alla base della decisione di interruzione anticipata, poi il revisore uscente e la società interessata sottoscrivono la risoluzione consensuale che va fatta pervenire in copia al collegio sindacale. A quel punto, dopo aver sentito il collegio sindacale, l’assemblea degli azionisti o dei soci la approva, ed entro quindici giorni la deliberazione dell’assemblea sulla cessazione anticipata, il parere del collegio sindacale e la relazione predisposta dall’organo di amministrazione dovranno essere inoltrati alla Ragioneria generale dello Stato. Rimane per il revisore uscente l’obbligo di mantenere la carica fino al momento in cui l’assemblea nomina il suo successore entro un periodo non superiore ai sei mesi dalla risoluzione o dalle dimissioni, mentre nell’ipotesi di revoca dell’incarico l’assemblea è tenuta a nominare contestualmente il nuovo revisore.
Fonte: Il Sole 24 Ore