Art. 2407 c.c. – I sindaci devono adempiere i loro doveri con la professionalità e la diligenza richieste dalla natura dell’incarico; sono responsabili della verità delle loro attestazioni e devono conservare il segreto sui fatti e sui documenti di cui hanno conoscenza per ragione del loro ufficio.
Essi sono responsabili solidalmente con gli amministratori per i fatti o le omissioni di questi, quando il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica.
All’azione di responsabilità contro i sindaci si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 2393, 2393 bis, 2394, 2394 bis e 2395.
Il primo comma della norma richiamata precisa che i criteri ai quali deve attenersi il sindaco sono la professionalità e la diligenza richieste dalla natura dell’incarico; la diligenza professionale imposta al sindaco rientra nella diligenza ex art. 1176 comma 2 c.c. e si tratta di:
– Obbligazione di mezzi e non di risultato
– Obbligazione di vigilanza ex art. 2403 c.c.
Spetta, allora, ai sindaci l’onere di provare di aver posto in essere tutte le attività sufficienti e necessarie a impedire il danno alla società derivante da proprio dolo o colpa grave. Non pare questa la sede per ritornare sulla lunga elencazione dei poteri e dei doveri riconosciuti e gravanti sul Collegio Sindacale, tuttavia sarà opportuno ricordare come la responsabilità dei membri del Collegio Sindacale derivi anche dall’espletamento corretto dei poteri e dalla diligenza nel rispettare quei doveri imposti dal codice e dall’atto costitutivo.
La responsabilità esclusiva
La norma riportata cita espressamente due casi di responsabilità esclusiva dei sindaci:
a) L’attestazione di fatti non veri
b) La violazione del segreto d’ufficio
Tuttavia è possibile riscontrare altre ipotesi di responsabilità non concorrente con quella dell’organo amministrativo, per le ipotesi di danno cagionato direttamente dai membri dell’organo di controllo: si richiamino, ad esempio, i casi di cui agli articoli 2385 comma 3 c.c. (“la cessazione degli amministratori dall’ufficio per qualsiasi causa deve essere iscritta entro 30 giorni nel registro delle imprese a cura del collegio sindacale”) e 2386 comma 5 c.c. (convocazione d’urgenza dell’assemblea per la nomina dell’amministratore o del consiglio, allorquando, venga meno l’amministratore unico o decada il consiglio di amministrazione, concedendo la norma al medesimo collegio sindacale il potere di compiere gli atti di ordinaria amministrazione).
La responsabilità concorrente
In generale i sindaci rispondono solidalmente con gli amministratori per le ipotesi in cui si verifichi un danno per la società e i medesimi non abbiano vigilato con professionalità e diligenza. La responsabilità concorrente dei sindaci di una società per azioni per i comportamenti illegittimi degli amministratori ex art. 2407, comma 2, c.c., è modellata su quella degli amministratori medesimi. Pertanto, essi possono essere chiamati a rispondere, in via solidale con questi ultimi, dei danni cagionati non solo alla società o ai creditori sociali, ma anche ai terzi, o a singoli soci, da fatti od omissioni attribuibili agli amministratori, tutte le volte in cui non abbiano adeguatamente vigilato in conformità agli obblighi della loro carica.
Un’analisi più dettagliata del documento sarà oggetto di trattazione nella circolare del revisore pubblicata questo mese.