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Revisione e carenza di controllo interno: gli strumenti di alert e la segnalazione della crisi d’impresa.

di Monica Peta - - Commenta

Il principio internazionale Isa Italia n. 265 grava il revisore della responsabilità di comunicare in modo appropriato, agli organi di governance ed alla direzione della società, le carenze del controllo interno (SCI).  La definizione di SCI[1] viene sintetizzata nell’Isa Italia n. 365 come: il “processo configurato, messo in atto e mantenuto dai responsabili delle attività di governance, dalla direzione o da altro personale dell’impresa, al fine di fornire una ragionevole sicurezza sul raggiungimento degli obiettivi aziendali con riguardo all’attendibilità dell’informativa finanziaria, all’efficacia e all’efficienza dell’attività operativa ed alla conformità alle leggi e ai regolamenti applicabili”[2]. E’ bene ricordare che, già negli anni 80, a seguito delle vicissitudine dei grandi scandali finanziari riconducibili a falso di bilancio, mancanza di informativa o informativa manipolata ai terzi, corruzione, riciclaggio, la nozione di controllo interno si è ampliata alla gestione del controllo dei rischi aziendali. Oggi, tale responsabilità deve essere commisurata anche alla gestione degli aspetti e dei processi derivanti dall’obbligo prescritto dall’art. 2086 c.c., che interessa tutte le società proporzionalmente alla propria dimensione. Da qui, la rilevanza degli strumenti di allerta, nonché degli indicatori che misurano le performance finanziarie e non finanziarie delle PMI.

La carenza significativa del SCI

La significatività del SCI, assume più rigore alla luce dell’obbligo normativo di cui all’art. 2086 c.c., in quanto deve concorrere ad assicurare l’adeguato assetto organizzativo rispetto a:

  • la salvaguardia del patrimonio sociale;
  • l’efficacia e l’efficienza delle attività operatine;
  • l’affidabilità delle informazioni e del reporting economico, patrimoniale e finanziario;
  • la conformità alle leggi ed ai regolamenti allo Statuto Sociale ed alle procedure interne[3].

Di conseguenza, la carenza significativa nel controllo interno si deve identificare in una carenza, o una combinazione di carenze che minacciano la continuità aziendale ed il patrimonio sociale e che, per tale motivo, merita di essere comunicata ai rispettivi livelli di governance. In più, sempre la stessa significatività, prescinde dal fatto che l’errore si sia effettivamente verificato, ma deve guardare preventivamente alle circostanze per le quali sussiste la probabilità che il rischio si avveri. Ciò significa che, il giudizio professionale del revisore deve incentrarsi sulla comprensione[4] dell’impresa sotto il profilo

a) del contesto operativo: settore di attività; regolamentazione; assetto proprietario; investimenti in essere e futuri; struttura finanziaria dell’impresa; attività operativa;

b) dell’ informativa contabile, economico-finanziaria e non finanziaria: applicazione dei principi contabili; obiettivi strategici e rischi connessi; misurazioni delle performance economico-finanziarie e non finanziarie.

Il ruolo degli strumenti di allerta

Nell’approccio della gestione dei rischi, gli strumenti di allerta interna che contemplano l’informativa finanziaria di bilancio, come previsti dal CNDCEC[5] ad integrazione dell’art. 13 del nuovo codice della crisi, sono significativi early warning per le PMI (seppur alcuni indicatori trovano applicazione diversa in base al settore di appartenenza). A titolo esemplificativo, si rappresenta qui di seguito, un modello di indiciche ha il vantaggio di integrare il sistema di controllo ai fini degli obblighi di segnalazione interna.

Indicatore/strumento di allertaValori-soglia- azioniSignificatività  SCI /obbligo di segnalazione interna
        Patrimonio nettoSe negativo, indica una situazione di piena crisi, due azioni possibili: – ricostituzione con nuove risorse apportate dai soci ed avvio di un processo di ristrutturazione aziendale; – messa in liquidazione della società.  Monitorare il patrimonio netto seconda la logica del going concern.   L’ obiettivo è preservare la continuità aziendale  
      DSCR previsionale a 6 mesiIndicatore predittivo: indica la sostenibilità dei debiti almeno per i 6 mesi successivi   Non deve essere < 1Monitorare l’indice: i flussi di cassa operativi (nettati dalle imposte) devono essere superiori ai flussi in uscita per il pagamento dei debiti bancari
    Oneri finanziari / ricaviNon deve essere superiore ai valori soglia 1,5%-3,8% nelle rispettive aree settoriali  Monitorare la sostenibilità dell’ indebitamento bancario
  Patrimonio netto / mezzi di terziNon deve essere inferiore ai valori soglia che oscillano tra 2,3%- 9,4%. Indice di soliditàPreservare la capitalizzazione con    i mezzi propri
    Attivo a breve/Passivo a breveNon deve essere inferiore ai valori soglia che variano dal 69,8% al 108%.Monitora lo squilibrio all’interno del capitale circolante operativo: minore è la percentuale e minore è la quantità di crediti esigibili nel breve termine, destinati a coprire i fornitori e gli altri debiti a breve
    Cash flow/attivoIndica quanta cassa effettivamente genera tutto quello che è stato investito nell’attivo. I valori soglia proposti variano da un minimo del 0,3% ad un massimo del 1,9%.Monitora il rendimento complessivo dell’investimento in termini di cassa generata.

Il DSCR merita una nota in più relativamente alla stima dei flussi finanziari prognostici. Si ricorda, che gli artt. 2381, co.5, e 2086 c.c. sanciscono il principio della proporzionalità d’impresa. I principi contabili e segnatamente l’OIC 9, introducono per le imprese di minori dimensioni, la possibilità di stimare i flussi prognostici occorrenti per la determinazione del valore degli attivi, in misura semplificata ricorrendo alle sole grandezze economiche. Il CNDCEC ritiene valido tale approccio, a condizione che venga rispettato il principio della sostanziale comparabilità del numeratore e del denominatore.

Il valore forward looking degli indicatori non finanziari

L’elemento che contraddistingue la composizione degli indicatori finanziari visti sopra, è l’ampiezza predittiva/prognostica che integra la ratio sottostante l’art. 13 del nuovo codice della crisi (CCII). Tuttavia, è bene sottolineare che, l’obbligo di segnalazione interna, ha un ruolo ben diverso da quello della segnalazione esterna previsto dall’art. 14 del CCII, ed impatta l’organo sociale investito della responsabilità di controllo e/o di revisione. In particolare, tale obbligo ha la precipua funzione di stimolare e responsabilizzare l’organo gestorio a monitorare proattivamente l’andamento patrimoniale, reddituale e finanziario del business, al fine di salvaguardare la solvibilità e la continuità aziendale. Controllo, questo, che non può importare solo su un modello di misurazione delle perfomance strettamente di natura economico-finanziaria, ma deve necessariamente contemplare l’informativa non finanziaria, seppure volontaria per le PMI non quotate e per le micro imprese. Ci si riferisce in particolare, al rilevamento di perfomance non finanziarie che usano il processo di self-assessment[6] ampliato alle variabili di sostenibilità ESG, secondo la Direttiva Comunitaria n. 2014/95/CE[7], recepita in Italia dal Decreto Legislativo n. 254/2016, e per loro natura, atte ad integrare la significatività del SCI secondo un approccio aziendale e strategico forward looking della gestione del rischio a livello di governance.

Considerazioni conclusive

È bene osservare che, la fondatezza degli indizi della crisi o degli strumenti di alert, visti sopra, si basa sulla valutazione professionale e unitaria che gli organi di controllo societari danno al complesso degli indicatori. Il superamento delle soglie (di settore) per i vari indici, fornisce ragionevoli presunzioni, ma non implica automaticamente la fondatezza dell’inizio della crisi. Semmai la rilevazione di indizi come: la non sostenibilità del debito nei successivi sei mesi; il pregiudizio della continuità aziendale nell’esercizio in corso per l’intero o per la parte residua; la presenza di reiterati e significativi ritardi nei pagamenti, porta a far ritenere sintomatico lo stato di crisi d’impresa. Invero, la lettura degli indici deve rappresentare il momento discriminante per riconosce le crisi che possono essere gestite internamente dall’impresa e quelle che devono essere segnalate ai sensi dell’art. 14 del CCII, ed integra la gestione di rischio di un SCI. Sul piano poi strettamente operativo, bisogna confrontarsi con la capacità di ciascuna impresa di implementare un adeguato assetto organizzativo che consenta il confronto temporale più conveniente (ad esempio trimestrale) degli indicatori finanziari e non finanziari. Ciò dipende dalla dimensione, dalla complessità, dalla qualità dell’organizzazione, dagli strumenti disponibili e dalle competenze del capitale umano, fattori, questi, che possono gravare sulle carenze del controllo interno.


[1] Il D.Lgs n. 58/1998 (TUF) introduce l’espressione “Sistema di Controllo Interno”. il quadro normativo nazionale si completa con i riferimenti a: Codice di Autodisciplina per le Società Quotate (codice Preda, 1999; D.Lgs n. 231/2011 e successive integrazioni “responsabilità amministrativa della Società; D.Lgs n. 262/2005 “tutela del Risparmio”; Principi di Revisione ISA Italia; Norme e linee Guida emanate da CNDCEC e IFAC.

[2] Il revisore deve acquisire una comprensione degli aspetti del controllo interno rilevanti ai fini della revisione contabile”. Per la definizione di “responsabili delle attività di governance” e di “direzione”, cfr paragrafo 10 e relative linee guida del principio di revisione internazionale Isa Italia n. 260.

[3] L. Marchi, “Revisione aziendale e sistemi di controllo interno”, Giuffrè, 2019

[4] Cfr Principio di revisione internazionale Ias Italia n. 365

[5] Cfr Il Sole 24 Ore, Documenti, “Crisi d’impresa. Indici di allerta dei commercialisti” , 2019.

[6] Cfr Monica Peta, L’informativa non finanziaria (NFR): aspetti operativi a presidio della continuità e degli adeguati assetti organizzativi delle PMI, Fisco e Tasse, La revisione Legale, 2021.

[7] A riguardo la Commissione Europe in data 21 aprile 2021, ha pubblicato un’importante misura legislativa che riguarda la proposta di aggiornamento della direttiva sul reporting non finanziario “DNF” che si chiamerà “direttiva sul reporting di sostenibilità “CSRD””, che vincolerà tutte le grandi imprese e le imprese quotate (ad eccezione delle micro imprese).


Autore dell'articolo
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Monica Peta

Dottore Commercialista e Revisore Legale, Phd in Scienze Aziendali, con studio in Roma, svolge attività di consulenza nell’area Societaria e Fiscale, Compliance Aziendale, Modello 231, Modello sostenibile d’impresa, sovraindebitamento e crisi d’impresa. Sindaco di società e partecipate, componente di CDA di aziende speciali. Componente del comitato scientifico nazionale Fondazione School University, Componente della Commissione Crisi da Sovraindebitamento ODCEC Roma, Componente del comitato scientifico nazionale Istituto Governo Societario. Già professore a contratto presso l’università Magna Graecia di Catanzaro, docente per la formazione presso gli ODCEC, docente pe il corso di alta formazione crisi da sovraindebitamento SAF, Telos, Relatore in convegni e webinar, Autore di articoli fiscali e aziendali, autore e coautore di pubblicazioni scientifiche in materia aziendale ed economica.

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