Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della giustizia Alfonso Bonafede, ha approvato, nello scorso mese di gennaio 2019 in esame definitivo, un decreto legislativo che, in attuazione della legge 19 ottobre 2017, n. 155, introduce il nuovo “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza”. Abbiamo analizzato in un precedente articolo alcune delle modifiche apportate in sede di CDM alla bozza di decreto. Di seguito proseguiamo con la nostra analisi delle novità.
Si fa presente che secondo le stime fatte da Banca d’Italia[1] saranno circa 140.000 le società che, sulla base delle novità normative analizzate in precedenza, saranno oggetto del nuovo obbligo. Il nuovo codice determina un rilevante incremento rispetto alle 15.000 attuali società che sono obbligati alla nomina dell’organo di controllo.
L’ampliamento delle ipotesi di nomina obbligatoria di sindaci e revisori si accompagna ad un’altra rilevante modifica normativa, desumibile dal combinato disposto degli artt. 3 comma 2[2], e 374 comma 2[3] del nuovo Codice che prevede che l’imprenditore, operante in forma societaria o collettiva, dovrà, infatti, istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato[4] – ai sensi dell’art. 2086 comma 2 c.c. – alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale. Al ricorrere di queste ultime situazioni di difficoltà, l’imprenditore societario o collettivo dovrà attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale.
Il nuovo Codice introduce nel nostro ordinamento procedure di allerta o “early warning” della crisi di impresa. Tali procedure sono dirette all’individuazione precoce dello stato di crisi di una impresa prima che la stessa diventi irreversibile in modo tale da permettere agli organi preposti la tempestiva adozione delle misure idonee a superarla o regolarla. Tali nuovi procedure introdotte nel nostro ordinamento recepiscono quanto stabilito dalla Raccomandazione della Commissione dell’Unione europea del 12 marzo 2014 il cui obiettivo era quello di garantire alle imprese sane, in difficoltà finanziaria, l’accesso a un quadro nazionale in materia di insolvenza che permetta loro di ristrutturarsi in una fase precoce in modo da evitare l’insolvenza, massimizzandone pertanto il valore totale per creditori, dipendenti, proprietari e per l’economia in generale.
L’introduzione delle procedure di allerta e di composizione assistita della crisi e le connesse misure di rafforzamento della governance delle imprese[5] (quali l’estensione dell’obbligo di nomina dell’organo di controllo), intende rimediare alle attuali carenze dell’ordinamento nazionale che, nel complesso, forniva deboli incentivi ai debitori a rivelare e affrontare tempestivamente le situazioni di tensione economico-finanziaria e, allo stesso tempo, non prevedeva, diversamente da altri ordinamenti, strumenti di assistenza per favorire il raggiungimento di soluzioni precoci in accordo con i creditori[6].
In tale nuovo contesto normativo introdotto dal nuovo Codice si inserisce l’art. 14 comma 1[7] che a sua volta introduce l’obbligo di segnalazione degli organi di controllo societari. In particolare L’articolo 14 pone a carico degli organi di controllo societari, del revisore contabile e della società di revisione, ciascuno nell’ambito delle rispettive funzioni, un duplice adempimento consistente nelle seguenti attività:
· verifica che l’organo amministrativo valuti costantemente, assumendo le conseguenti idonee iniziative, se l’assetto organizzativo dell’impresa è adeguato (secondo quanto indicato in precedenza), se sussiste l’equilibrio economico finanziario e quale è il prevedibile andamento della gestione;
· segnalazione immediata allo stesso organo amministrativo l’eventuale esistenza di fondati indizi della crisi;
Appare quindi evidente che gli organi di controllo, oltre a valutare essi stessi il rispetto dei criteri di adeguatezza e di equilibrio, dovranno svolgere un’attività di esortazione per gli amministratori, affinché questi agiscano nella valutazione periodica e nel monitoraggio di quegli aspetti che il decreto ha ritenuto fondamentali per la prevenzione delle crisi di impresa.
Il comma 2 del citato articolo, invece, disciplina in dettaglio le modalità della segnalazione cui sono tenuti gli organi di controllo, di modo che essa possa risultare tempestiva ed efficace, aprendo una sorta di dialogo tra organo di controllo e organo amministrativo diretto ad individuare le soluzioni possibili e le iniziative concretamente da intraprendere per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale.
Infatti qualora i sindaci o i revisori riscontrino l’esistenza di fondati indizi della crisi, devono comunicarlo immediatamente allo stesso organo amministrativo, tramite un’apposita segnalazione che deve essere:
· motivata ed effettuata in forma scritta, mediante posta elettronica certificata, o comunque con strumenti idonei ad assicurare la prova dell’avvenuta ricezione;
· fissata entro un congruo termine, non superiore a 30 giorni, entro il quale l’organo amministrativo deve riferire in ordine alle soluzioni da individuare superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale
Gli organi di controllo, in caso di eventuali negligenze dell’organo amministrativo (omessa o inadeguata risposta ovvero di mancata adozione – nei successivi 60 giorni – delle misure ritenute necessarie per superare lo stato di crisi,) sono tenuti ad attivare la procedura di allerta «esterna» mediante sollecita ed idonea segnalazione all’organismo di composizione della crisi d’impresa[8], corredata da tutte le informazioni necessarie, anche in deroga all’obbligo di segretezza prescritto dall’articolo 2407, comma 1, c.c.
L’art. 14 comma 3 dello schema di DLgs. precisa altresì che la tempestiva segnalazione all’organo di gestione, costituisce causa di esonero dalla responsabilità solidale per le conseguenze pregiudizievoli delle omissioni o azioni successivamente poste in essere dall’organo amministrativo, che non siano conseguenza diretta di decisioni assunte prima della segnalazione, a condizione che – nei casi previsti dal citato articolo e analizzati in precedenza – sia stata eseguita la tempestiva segnalazione all’Organismo di composizione della crisi. È stabilito anche che la segnalazione in commento non costituisce giusta causa di revoca dall’incarico.
Al fine di agevolare l’attività dell’organo di controllo della società, il successivo comma 4 dispone l’obbligo degli istituti di credito e degli altri intermediari finanziari di cui all’art. 106 del TUB di informare l’organo di controllo della società, nel momento in cui comunicano al cliente variazioni, revisioni o revoche degli affidamenti.
Con riferimento invece al citato obbligo di segnalazione degli organi di controllo societari gli organi di controllo dovrebbero integrare le procedure di verifica periodica (nel caso dei soggetti incaricati della revisione legale integrare le procedure svolte nell’ambito delle verifiche periodiche della regolare tenuta della contabilità e della corretta rilevazione dei fatti di gestione nelle scritture contabili) inserendo specifiche procedure dirette a monitorare l’esistenza di squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività aziendale. I procedimenti di allerta e composizione avviati in base alle segnalazioni degli organi di controllo irrobustiscono l’incentivo, di sindaci e revisori, ad agire celermente di fronte al profilarsi della crisi, contrastando l’eventuale inerzia degli amministratori
A tal proposito si rileva che in tale decreto sono stati individuati i criteri per identificare la sussistenza di una situazione di crisi. In linea generale è stata introdotta la definizione di crisi, definita come lo stato di difficoltà economico-finanziaria che rende probabile l’insolvenza del debitore, e che per le imprese si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate.
In secondo luogo l’art. 13 prevede l’introduzione degli indicatori della crisi identificati come squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario che si possono rilevare tramite elaborazione di appositi quozienti, che diano evidenza:
· della sostenibilità dei debiti per almeno i 6 mesi successivi;
· delle prospettive di continuità aziendale per l’esercizio in corso oppure, quando la durata residua del periodo amministrativo al momento della valutazione è inferiore a 6 mesi, per i 6 mesi successivi.
In tal senso il citato articolo esplicita che rappresentano indici significativi quelli che misurano la sostenibilità degli oneri dell’indebitamento con i flussi di cassa che l’impresa è in grado di generare e l’adeguatezza dei mezzi propri rispetto a quelli di terzi. Costituiscono altresì indicatori di crisi ritardi nei pagamenti reiterati e significativi, anche sulla base di quanto previsto dall’art. 24 comma 1 dello schema di DLgs., che li individua nell’esistenza di debiti:
· per retribuzioni scaduti da almeno 60 giorni, in misura eccedente alla metà dell’importo complessivo mensile delle retribuzioni;
· verso fornitori scaduti da almeno 120 giorni, per un ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti.
Relativamente agli indicatori si fa presente che il testo approvato in Cdm recepisce le osservazioni fatte dalla Commissione Giustizia della Camera la quale faceva presente che gli indicatori significativi ai fini della crisi ivi previsti individuati nel precedente testo (rapporto fra flusso di cassa e attivo, tra patrimonio netto e passivo, tra oneri finanziari e ricavi) avrebbero potuto generare il rischio di risultare inattendibili, essendo preferibile a tal fine il riferimento ad aree di verifica più rilevanti, quali la sostenibilità degli oneri dell’indebitamento con i flussi di cassa l’impresa è in grado di generare e l’adeguatezza dei mezzi propri rispetto a quelli di terzi. E’ stato accolto l’approccio che ai più è sembrato sin dall’inizio maggiormente idoneo ad assicurare agli indicatori della crisi la capacità di indagare l’inadeguatezza dell’impresa ad assicurare, da una parte, la sostenibilità dei debiti e, dall’altra, prospettive di continuità aziendale, ossia mettere a confronto l’attitudine dell’impresa a produrre flussi di cassa dalla gestione operativa con l’indebitamento finanziario al fine di verificare la sussistenza della capacità dell’impresa di far fronte alle proprie obbligazioni nel breve periodo[9].
L’art. 13 comma 2 dello schema stabilisce, inoltre, che il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, tenuto conto delle migliori prassi nazionali ed internazionali, elabori, con cadenza almeno triennale, in riferimento ad ogni tipologia di attività economica secondo le classificazioni Istat, appositi indici economici che consentono di rilevare in modo più agevole, omogeneo ed obiettivo segnali che, unitariamente considerati, fanno ragionevolmente presumere la sussistenza di uno stato di crisi dell’impresa. È inoltre previsto che il CNDCEC individui indicatori specifici per alcune realtà aziendali peculiari, come le start up innovative (art. 25 del DL 179/2012), le piccole e medie imprese innovative (art. 4 del DL 3/2015), le società in liquidazione e le imprese costituite da meno di 2 anni, allo scopo di individuare criteri di rilevazione il più possibile parametrati alle specifiche caratteristiche dell’impresa. Gli indicatori così elaborati saranno approvati con decreto del Ministero dello Sviluppo Economico. La previsione secondo la quale spetta al Consiglio nazionale dei dottori commercialisti, con l’approvazione del MISE, elaborare gli indici rilevanti ai fini della segnalazione, appare sufficiente ad orientare gli organi di controllo, costituiti da professionisti qualificati, nella loro attività.
Inoltre, allo scopo di tener conto delle specificità delle singole imprese, che potrebbe rendere gli indici elaborati concretamente inidonei a evidenziare la possibile situazione di crisi, la disposizione prevede che l’impresa, nella nota integrativa al bilancio di esercizio, possa dichiarare le ragioni per le quali ritiene inadeguati gli indici elaborati dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed indicarne altri, ritenuti più idonei. In tal caso, un professionista indipendente attesterà l’adeguatezza di tali indici in rapporto alla specificità dell’impresa e, a partire dall’esercizio successivo, l’impresa sarà “valutata” sulla base di questi diversi indici.
Percepire tempestivamente i sintomi della crisi d’impresa attivando subito le procedure d’allerta in relazione a quanto analizzato in precedenza costituisce la novità cardine del nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza. E in tale ambito un ruolo fondamentale è riconosciuto agli organi di controllo delle società: il collegio sindacale, anche monocratico, nonché il revisore o la società di revisione. A tali organi spetterà il compito di segnalare lo stato (attuale o imminente) di crisi societaria che può spingersi sino all’attivazione di una procedura di allerta “esterna”. Tuttavia, ai nuovi poteri di azione forniti agli organi di controllo sono associate maggiori responsabilità, anche di carattere penale in quanto il mancato adempimento verrebbe considerato concausa dell’aggravamento del dissesto della società.
La nuova attività di vigilanza richiesta ai due organi, seppur ciascuno nell’ambito delle proprie funzioni, risulta strettamente connessa all’attività già prevista a loro carico con riferimento al monitoraggio della continuità aziendale. Sul tema, importante contributo è certamente fornito dal principio di revisione internazionale ISA Italia 570, che, analizzando in modo puntuale, nell’ottica della revisione legale dei conti, il principio di continuità, individua indicatori da assumere quali segnalatori di criticità sulla continuità d’impresa
Si precisa che l’individuazione delle soglie di allarme costituisce esercizio di non semplice esecuzione, in quanto qualora esse non siano ben calibrate vi è il rischio di incorrere in numerosi “falsi positivi” (imprese sane e con difficoltà transitorie) e in “falsi negativi” (imprese le cui difficoltà non appaiono dai dati di bilancio). Fondamentale dovrebbe essere riuscire a minimizzare il rischio dei cd. “falsi positivi”, vale a dire evitare che si proceda con l’esecuzione delle procedure di allerta nei casi in cui la crisi d’impresa non sia presente, confondendo criticità transitorie con situazioni di insolvenza probabile. Infatti la presenza di “falsi positivi” potrebbe indurre l’organo di controllo, al fine di mitigare le proprie responsabilità, a procedere comunque nelle segnalazioni previste dalla normativa pur in assenza di un vero stato di crisi.
In conclusione si ricorda che, come indicato in precedenza, i cambiamenti riferiti agli obblighi di segnalazione dell’esistenza di fondati indizi di crisi d’impresa sono applicabili decorsi diciotto mesi dalla data della pubblicazione del provvedimento nella Gazzetta Ufficiale.
[1] Dati forniti durante l’audizione presso la Commissione Giustizia del Senato in data 26 novembre 2018, scaricabile http://www.senato.it/application/xmanager/projects/leg18/attachments/documento_evento_procedura_commissione/files/000/000/808/BANCA_D_ITALIA.pdf
[2] Art. 3 – Obblighi del debitore “L’imprenditore collettivo deve adottare un assetto organizzativo adeguato ai sensi dell’articolo 2086 del codice civile, ai fini della tempestiva rilevazione dello stato di crisi e dell’assunzione di idonee iniziative”.
[3] Art. 374 – Assetti organizzativi dell’impresa: “2. All’articolo 2086 del codice civile, dopo il primo comma è aggiunto il seguente: “L’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”.
[4] Articolo 377 – Assetti organizzativi societari: “L’articolo in commento estende a tutti i tipi di società gli obblighi previsti dall’articolo 2086, secondo comma del codice civile. A tal fine, vengono modificati l’articolo 2257, l’articolo 2380, l’articolo 2409-novies e l’articolo 2475 del codice civile.
[5] La riforma mira a favorire una tempestiva emersione e gestione della crisi anche attraverso un potenziamento delle regole di governance. In particolare, si prevede un dovere dell’imprenditore – sia che esso operi in forma individuale o collettiva – di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile idoneo a rilevare tempestivamente la crisi e la perdita della continuità aziendale. Inoltre, il Codice promuove un rafforzamento della dialettica endosocietaria, imponendo all’organo di controllo l’obbligo di avvisare l’organo gestorio di fondati indizi della crisi. Inoltre è richiesto al debitore di attivarsi senza indugio per la gestione delle difficoltà riscontrate, adoperando uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale
[6] La Banca d’Italia nella sua audizione presso la Commissione Giustizia del Senato ha fatto presente che “l’opportunità di un intervento (precoce) è segnalata anche dalle più recenti evidenze empiriche disponibili. Esse indicano come nelle imprese che hanno avviato una procedura concorsuale, il rischio di insolvenza risultava già elevato in anni precedenti l’instaurazione del procedimento. A una celere emersione sono, inoltre, associati esiti migliori delle procedure in termini di maggiori tassi di recupero o di incremento delle probabilità di ripristino dell’equilibrio economico-finanziario”. Cfr. E. Brodi (2018), Tempestiva emersione e gestione della crisi d’impresa. Riflessioni sul disegno di un efficiente «sistema di allerta e composizione», Banca d’Italia, Questioni di Economia e Finanza, n. 440; A. Danovi, S. Giacomelli, P. Riva e G. Rodano (2018), Strumenti negoziali per la soluzione della crisi d’impresa: il concordato preventivo, Banca d’Italia, Questioni di economia e finanza, n. 430.
[7] Art. 14 – Obbligo di segnalazione degli organi di controllo societari: ”1. Gli organi di controllo societari, il revisore contabile e la società di revisione, ciascuno nell’ambito delle proprie funzioni, hanno l’obbligo di verificare che l’organo amministrativo valuti costantemente, assumendo le conseguenti idonee iniziative, se l’assetto organizzativo dell’impresa è adeguato, se sussiste l’equilibrio economico finanziario e quale è il prevedibile andamento della gestione, nonché di segnalare immediatamente allo stesso organo amministrativo l’esistenza di fondati indizi della crisi.
[8]Art 16 – Organismo Di Composizione Della Crisi D’impresa: 1. L’OCRI è costituito presso ciascuna camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura, con il compito di ricevere le segnalazioni di cui gli articoli 14 e 15, gestire il procedimento di allerta e assistere l’imprenditore, su sua istanza, nel procedimento di composizione assistita della crisi di cui al capo III. 2.Le segnalazioni dei soggetti qualificati e l’istanza del debitore di cui al comma 1 sono presentate all’OCRI costituito presso la camera di commercio nel cui ambito territoriale si trova la sede legale dell’impresa. 3.L’organismo opera tramite il referente, individuato nel segretario generale della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura, o un suo delegato, nonché tramite l’ufficio del referente e il collegio degli esperti di volta in volta nominato ai sensi dell’articolo 17. 4.Il referente assicura la tempestività del procedimento, vigilando sul rispetto dei termini da parte di tutti i soggetti coinvolti. 5. Le comunicazioni sono effettuate dall’ufficio del referente mediante posta elettronica certificata.
[9] Su tale punto si era espressa anche Confindustria e il CNDC nelle rispettive audizioni nella Commissione Giustizia del Senato: