Premessa
Con l’atto costitutivo di una S.r.l. si possono attribuire a singoli soci individuati nominativamente, ovvero per categorie omogenee, particolari diritti inerenti l’amministrazione della società o la distribuzione degli utili (art. 2468, co. 3, c.c.). Tali diritti possono essere modificati unicamente con il consenso unanime dei soci, salva diversa disposizione dell’atto costitutivo. In ipotesi di trasferimento dell’intera quota, i diritti particolari si estinguono, mentre a seguito del parziale trasferimento della partecipazione, gli stessi rimangono in capo al dante causa. È compito anche dell’organo di controllo, di vigilare, affinché l’operatività della società e dei soci rispettino quanto previsto normativamente.
Diritti particolari del socio
L’art. 2468, co. 2, c.c., fissa il principio della diretta proporzionalità fra partecipazione e conferimento del socio, unitamente a quello della diretta e immediata proporzionalità tra diritti sociali e misura della partecipazione posseduta. Principi che, ai sensi dell’art. 2468, co. 3, c.c., possono essere derogati dall’atto costitutivo, prevedendo l’attribuzione a singoli soci di particolari diritti riguardanti l’amministrazione della società o la distribuzione degli utili.
Una deroga statutaria al principio della proporzionalità tra diritti sociali e misura della partecipazione, che il legislatore limita a soli due ambiti definiti, ponendosi così la preliminare problematica circa una possibile lettura estensiva di tali disposizioni (Consiglio Nazionale del Notariato, Studio n. 138-2011/I).
Secondo Il Consiglio Notarile di Milano (massima n. 39), i particolari diritti, che l’atto costitutivo di S.r.l. può attribuire a singoli soci in conformità all’art. 2468, co. 3 c.c., possono avere ad oggetto anche materie non strettamente riguardanti l’amministrazione della società o la distribuzione degli utili, potendosi quindi prevedere ulteriori diritti diversi, nei limiti comunque imposti dalla legge.
La richiamata disposizione normativa va quindi interpretata non in modo tassativo e limitativo, bensì in senso esemplificativo, con l’indicazione delle principali, ma non esclusive, ipotesi in cui i soci possono variare i diritti loro spettanti in virtù del contratto sociale.
Titolari dei particolari diritti possono essere esclusivamente i soci della società, che devono per altro essere espressamente indicati nell’atto costituivo, con la conseguenza che tali diritti non possono appartenere a chi non è più socio, ovvero a chi non è ancora tale e con l’ulteriore precisazione che una diversa previsione dell’atto costitutivo sarebbe comunque illegittima (comitato interregionale dei consigli notarili delle tre Venezie, massima I.I.1.1).
I singoli soci, cui possono essere attribuiti tali diritti, devono essere individuati nominativamente, ovvero per appartenenza a categorie omogenee.
Qualora la quota di titolarità del socio cui sono stati attribuiti tali diritti sia oggetto di pegno, di usufrutto, ovvero sequestro, gli stessi, in mancanza di una diversa disposizione pattizia, si ritiene siano esercitati:
- dal socio debitore o nudo proprietario, per quanto attiene i diritti inerenti l’amministrazione;
- dal creditore pignoratizio o dall’usufruttuario con riguardo alla distribuzione degli utili.
L’attribuzione di specifiche prerogative al singolo socio, potendo di fatto incidere profondamente sugli equilibri e sulle posizioni di forza all’interno della compagine sociale, comporta la relativa clausola statutaria rilevi, oltre che per il socio beneficiario, anche per tutti gli altri soci.
In ragione di ciò, ai sensi dell’art. 2468, co. 4, c.c., tali particolari diritti possono essere modificati solamente con il consenso di tutti i soci, salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo e salvo in ogni caso il diritto di recesso.
Unanimità dei consensi che (salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo) si rende per altro necessaria per tutte le ipotesi di modifica dei diritti particolari, tanto in meglio, quanto in peggio ed ivi inclusa la loro volontaria soppressione.
L’atto costitutivo può quindi derogare alla regola legale del consenso unanime per la modificazione dei particolari, prevedendo che per la stessa sia richiesta la decisione maggioritaria dei soci, senza per altro – per prevalente opinione – la necessità di acquisire anche il consenso del socio direttamente interessato e con l’ulteriore precisazione che, in ogni caso, a tutti i soci che non abbiano concorso a tale modificazione, spetta il diritto di recesso.
Trasferibilità della partecipazione
Le quote di partecipazione alla S.r.l. sono liberamente trasferibili tanto per atto tra vivi, che per successione a causa di morte, salvo contraria disposizione dell’atto costitutivo (art. 2469, c.c.).
Ciò posto, in considerazione del fatto che la titolarità dei particolari diritti spetta al socio in quanto tale, qualora quest’ultimo intenda trasferire la propria partecipazione, è opinione che:
- in ipotesi di trasferimento dell’intera quota, i diritti particolari non solo non si trasferiscono al cessionario (nuovo socio) unitamente alla partecipazione da costui acquisita, ma gli stessi si estinguono;
- in ipotesi di cessione parziale della quota tali diritti restano integralmente in capo al socio cedente.
In relazione ai particolari diritti riguardanti la distribuzione degli utili, l’organo di vigilanza dovrà fare specifica attenzione nel verificare la clausola che attribuisca al socio una quota percentuale di utili maggiorata (rispetto alla quota di partecipazione al capitale sociale), in quanto il trasferimento parziale della partecipazione potrebbe porre dei problemi in ordine alla redistribuzione percentuale degli stessi.
A seguito dell’attribuzione di particolari diritti a singoli soci, l‘atto costituivo può così liberamente stabilire sia il regime di circolazione delle loro partecipazioni, sia la sorte dei particolari diritti, i quali potranno così estinguersi totalmente o parzialmente, piuttosto che essere variati nella misura, ovvero trasferiti (anche parzialmente) a favore dell’acquirente la partecipazione (Consiglio notarile di Milano, massima n. 39).
Diritti agli utili e diritto al dividendo
L’atto costitutivo può attribuire a singoli soci particolari diritti inerenti la distribuzione degli utili, un’espressione che, per opinione condivisa, deve essere intesa in senso ampio.
È conseguentemente consentito prevedere a favore del socio una proporzione diversa nella ripartizione degli utili, con l’unico limite del divieto del patto leonino e, quindi, dell’esclusione, in modo assoluto e costante, della partecipazione dagli utili o alle perdite (Corte di Cassazione, Sent. 21.1.2000, n. 642), così come è possibile ipotizzare una priorità nella distribuzione, garantendo così al socio il conseguimento di una misura minima dell’utile, piuttosto che configurare un diritto particolare sugli utili relativi ad uno specifico settore di attività della società, previa adozione di una contabilità separata. È molto importante per l’organo di vigilanza, verificare come nell’atto costitutivo viene dettagliato questo aspetto, alla luce delle possibili deroghe previste dal codice civile.
L’organo di vigilanza della società dovrà verificare che non ci siano situazioni in cui al singolo socio vengano attribuite particolari e predeterminate remunerazioni (che si qualificherebbe così come interessi), a prescindere dal risultato positivo di esercizio.
Qualificato il diritto particolare inerente la ripartizione degli utili, va chiarito se lo stesso competa al singolo socio indipendentemente dalla decisione dei soci in ordine alla distribuzione degli utili stessi e, quindi, a seguito della mera approvazione del bilancio (come avviene nella società di persone), ovvero se tale particolare diritto sia comunque subordinato ad una preventiva decisione dei soci di distribuzione degli utili.
È infatti nota al riguardo la distinzione in materia di diritto agli utili fra società di persone e società di capitali: mentre nelle prime (art. 2262, c.c.) ciascun socio salvo patto contrario – ha diritto di percepire la sua parte di utili dopo l’approvazione del rendiconto, nelle seconde, è l’assemblea che approva il bilancio che decide in merito alla distribuzione degli utili.
È al riguardo opinione del Consiglio nazionale del notariato (studio n. 48-2016/I) che l’atto costitutivo possa configurare un diritto particolare in capo al singolo socio che gli attribuisca il diritto di prelevare la quota di utili a lui riservata e risultanti dal bilancio di esercizio, prescindendo così dalla loro effettiva distribuzione, mentre non è ritenuta legittima quella clausola statutaria che imponga una integrale e automatica distribuzione degli utili, sottraendo così tale decisione all’inderogabile competenza dei soci.
In considerazione di ciò, risulta quanto mai opportuno che l’atto costituivo stabilisca espressamente se il diritto particolare sugli utili prescinda o meno dalla delibera della loro distribuzione.
L’attribuzione al singolo socio di una quota di utili indipendentemente dalla delibera di distribuzione, comporta anche la necessità di regolamentare statuariamente la sorte della riserva di utili formatasi a seguito della mancata distribuzione degli stessi, ma decurtare della quota già attribuita al titolare del diritto particolare. Infatti, in assenza di particolari pattuizioni, qualora tale riserva venisse successivamente distribuita, ne beneficerebbe anche il titolare del particolare diritto.
Ne consegue la necessità di personalizzare a favore degli altri soci tale riserva di utili, a cui l’organo di controllo dovrà fare attenzione, rimanendo comunque la stessa una ordinaria riserva disponibile del patrimonio netto, distribuibile ai soci, anche in ipotesi di liquidazione, ovvero utilizzabile per un successivo aumento di capitale, piuttosto che a copertura di perdite.
Il diritto particolare agli utili attribuibile statuariamente a singoli soci implica in ogni caso la presenza di utili di esercizio distribuibili, in assenza quindi di perdite di capitale e previa deduzione della riserva legale. Tale diritto è estensibile anche alle riserve formatesi con utili non distribuiti, a meno che, come più sopra chiarito, il socio non abbia già ottenuto la propria quota privilegiata sugli stessi.
Diritti particolari alla postergazione delle perdite
Rientra fra i particolari diritti attribuibili a singoli soci anche il diritto a vedersi ridotta, ovvero annullata la propria partecipazione per perdite, solo a seguito dell’annullamento delle partecipazioni degli altri soci. Lo chiariscono tanto il Consiglio notarile di Milano, quanto il Comitato Interregionale dei consigli notarili delle tre Venezie, ancorché l’art. 2482-quater, c.c. imponga che, in tutti i casi di riduzione del capitale per perdite, sia esclusa ogni modificazione delle quote di partecipazione d dei diritti spettanti ai soci.
Una disposizione normativa, precisano i notai del Triveneto, che trova applicazione unicamente alle delibere adottate a maggioranza, essendo così legittimo, con il consenso di tutti i soci, deliberare la riduzione del capitale per perdite in misura non proporzionale rispetto alle singole partecipazioni, modificando in tal modo le percentuali di partecipazione dei singoli soci.
Infatti, chiariscono ulteriormente i notai milanesi, l’art. 2482-quater, c.c. non impedisce all’atto costitutivo di prevedere, a favore di singoli soci, una diversa incidenza delle perdite sulla propria partecipazione sociale, nel rispetto del divieto del patto leonino e, quindi, in ipotesi di riduzione del capitale per perdite, dopo l’annullamento delle altre partecipazioni, si dovrà comunque determinare la riduzione, ovvero l’annullamento della partecipazione del socio postergato nelle perdite.
In conclusione la normativa in esame, estesa e articolata, prevede in deroga all’art. 2468, co. 3, c.c. un’ampia autonomia statutaria. In questo caso, più che in altri, il Collegio Sindacale deve porre notevole attenzione al corretto rispetto delle regole di determinazione correlate agli aspetti normativi, al fine di evitare o quantomeno limitare responsabilità e problematiche degli stessi organi di controllo.