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Spese per ristrutturazione del debito: obblighi troppo severi

di Ernesto Zamberlan - - Commenta

Con l’emanazione del decreto 139/2015 si è resa necessaria una revisione completa di tutti principi contabili nazionali; il consigliere Raffaele Marcello si sofferma nel suo articolo del Sole 24 Ore dell’11 luglio 2016 su alcune criticità in ordine all’applicazione dell’OIC numero 6 “ristrutturazione del debito informative di bilancio” laddove vengono trattate le modalità di contabilizzazione delle spese di ristrutturazione derivanti da piani di risanamento (Articolo 67), Concordato preventivo (Articolo 160) Accordi di ristrutturazione dei debiti (articolo 182 bis) e altri istituti analoghi.

Il principio contabile al paragrafo 6.3 afferma che i costi di ristrutturazione “sono spesati direttamente al conto economico in quanto si tratta di onere di cui è assai difficile dimostrare la futura capacità di produrre benefici economici”; in altre parole l’incertezza di benefici economici nel tempo rende di fatto impossibile il differimento di tali costi. Così facendo però si trascura la finalità complessiva di questo sistema di norme il cui scopo non è solo quello di procedere con la riduzione dello stock dei debiti ma anche quello di garantire nel tempo una migliore sostenibilità nella gestione dell’indebitamento tramite la sua riduzione con  accordi specifici.

Se tale finalità non viene qualche modo riconosciuta, e dunque si consente l’iscrizione all’attivo patrimoniale di tali oneri sia pure a determinate condizioni, si arriverà al paradosso che con l’iscrizione integrale costo delle spese relative all’operazione di risanamento nell’esercizio in cui esse avvengono verrebbe ad essere messa nuovamente in dubbio la continuità aziendale dell’impresa che si intendeva risanare.

Diverso, e forse più coerente con lo spirito della disciplina, sarebbe il caso in cui il costo venisse iscritto nell’attivo patrimoniale ovviamente solo nel caso in cui fossero soddisfatte le condizioni per l’iscrizione degli anni pluriennali ovvero “se è dimostrato la loro utilità futura ed esistono correlazioni oggettive con i relativi benefici futuri”; tali condizioni di recuperabilità, considerata la grande aleatorietà dei valori in gioco, andrebbero valutate avendo bene a mente il principio della prudenza.

L’articolo si conclude richiamando l’attenzione di tutti sul fatto che, sempre nel rispetto dei principi generali tra cui principalmente la prudenza nell’iscrizione e nel mantenimento tra le poste attive, possa essere anche considerata la contabilizzazione di tali oneri dell’attivo patrimoniale sempre però nei limiti in cui questi produrranno ragionevoli benefici economici.

Autore dell'articolo
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Ernesto Zamberlan

Iscritto all'Albo dei Dottori Commercialisti di Padova dal 1994 - Revisore legale dei Conti.

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