Incarico revisori enti locali: non puo’ essere gratuito

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Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, con Nota 14 dicembre 2015, n. 100 ha espresso parere sul compenso dell’organo di revisione. In particolare, l’Ordine di Brescia aveva fatto pervenire richiesta di parere datata 15 dicembre 2014 con la quale si chiedeva se il professionista eletto sindaco di un Comune abbia diritto al compenso per l’attività svolta in qualità di revisore presso altro ente locale, ovvero trovi applicazione l’art. 5, d.l. 78/2010, a mente del quale va esclusa qualsiasi remunerazione per tale incarico, fatto salvo il gettone di presenza di 30€. Riportiamo in testo integrale :

Al riguardo, si premette che, ai sensi dell’art. 5, co. 5, d.l. 78/2010, “ferme le incompatibilità previste dalla normativa vigente, nei confronti dei titolari di cariche elettive, lo svolgimento di qualsiasi tipo di incarico conferito dalle pubbliche amministrazioni di cui al comma 3 dell’art. 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, inclusa la partecipazione ad organi collegiali di qualsiasi tipo, può dar luogo esclusivamente al rimborso delle spese sostenute. Eventuali gettoni di presenza non possono superare l’importo di 30 Euro a seduta”.

La magistratura contabile ha evidenziato che la ratio della riportata disposizione – ricavabile dalla relativa rubrica (“economie negli organi costituzionali, di governo o di apparati politici”) – pone, nell’ambito di una generale riduzione dei costi della politica, una limitazione soggettiva, operante in via generale per gli amministratori pubblici, basata sul principio per cui dall’elettività della carica deriva una tendenziale gratuità degli incarichi conferiti dalle pubbliche amministrazioni (Corte dei conti, sez. contr. reg. Veneto del n. 326/2012). Nessun dubbio, dunque, che il portato della norma comprenda, tra i “titolari di cariche elettive”, il soggetto che rivesta la carica di sindaco.

Occorre peraltro considerare che il Ministero dell’economia e delle finanze, con circolare n. 33 del 28 dicembre 2011, al fine di rimuovere le incertezze applicative sorte in relazione al d.l. 78/2010 e, in particolare, all’art. 6, co. 2 (a mente del quale “la partecipazione agli organi collegiali, anche di amministrazione, degli enti, che comunque ricevono contributi a carico delle finanze pubbliche, nonché la titolarità di organi dei predetti enti è onorifica; essa può dar luogo esclusivamente al rimborso delle spese sostenute ove previsto dalla normativa vigente; qualora siano già previsti i gettoni di presenza non possono superare l’importo di 30 euro a seduta giornaliera”), ha precisato che “Il rapporto che si instaura tra l’ente ed i componenti del collegio dei revisori dei conti e sindacali può essere assimilato ad un rapporto di natura contrattuale che mal si concilia con la gratuità dell’incarico, in quanto l’attività svolta dai predetti revisori e sindaci, di natura prettamente tecnica, è una prestazione d’opera a cui normalmente corrisponde una prestazione economica. Alla luce delle considerazioni che precedono, si ritiene che il carattere onorifico della partecipazione agli organi collegiali […] possa non trovare applicazione nei confronti dei collegi dei revisori dei conti e sindacali”.

Tale orientamento è stato poi recepito dal legislatore che, all’art. 35, co. 2-bis del d.l. 9 febbraio 2012, n. 5 (inserito dalla legge di conversione 4 aprile 2012, n. 35) ha chiarito che ‘la disposizione di cui all’articolo 6, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2010, n.78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, si interpreta nel senso che il carattere onorifico della partecipazione agli organi collegiali e della titolarità di organi degli enti che comunque ricevono contributi a carico della finanza pubblica è previsto per gli organi diversi dai collegi dei revisori dei conti e sindacali e dai revisori dei conti”.

Parrebbe residuare, pertanto, un margine per sostenere, in via analogica, un’interpretazione meno rigorosa dell’art. 5, co. 5, sulla scorta di quella offerta, per l’art. 6, co. 2, prima dal Ministero dell’economia e delle finanze e, poi, dal legislatore con norma di interpretazione autentica, quantomeno rispetto agli incarichi di revisore dei conti, il cui carattere oneroso non appare compatibile, neppure nel caso di svolgimento da parte del titolare di carica elettiva, con una remunerazione limitata al solo gettone di presenza.Tanto più che l’art. 16, co. 25, del d.l. 13 agosto 2011, n. 138, convertito in l. 14 settembre 2011, n. 148, nell’introdurre il metodo estrattivo per la selezione dei revisori dei conti degli enti locali, ha sensibilmente ridotto l’eventualità di un cumulo con una carica politica, rimuovendo nel contempo il rischio che detto cumulo possa derivare da motivazioni di appartenenza politica.  In tale ottica, non residuerebbero ragioni per precludere al soggetto titolare di carica sindaco la possibilità di percepire emolumenti per lo svolgimento dell’incarico di revisore dei conti di altro ente comunale.

Considerata la delicatezza della questione, comunque, il Consiglio Nazionale procederà in tempi brevi ad attivarsi presso gli interlocutori istituzionali, al fine di sollecitare un chiarimento ufficiale, incline a riconoscere che il principio per cui il rapporto tra amministrazione e organo di revisione, avendo fonte contrattuale e natura prettamente tecnica, non è compatibile con una forma di remunerazione sostanzialmente gratuita (affermato dal Mef e, di fatto, accolto espressamente dal legislatore in relazione all’art. 6, co. 2, d.l. 78/2010) ha carattere generale e, dunque, opera anche nella fattispecie regolata ex art. 5, co. 5, d.l. 78/2010.

 

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