La legge legge 15 dicembre 2014, n. 186 ha introdotto da gennaio 2015 il reato di autoriciclaggio (ex art. 648ter. 1 c.p.). Con la modifica dell’art. 25 octies del D.Lgs. n. 231/01, l’illecito in oggetto è divenuto un reato presupposto ai fini della citata normativa riguardante la responsabilità amministrativa degli enti. Tale novità implica la rivisitazione del modelli organizzativi; nell’ipotesi di illeciti tributari di enti (società ed enti non commerciali), è molto probabile avere come conseguenza anche il reato di autoriciclaggio. Infatti, il risparmio di imposta derivante da dichiarazioni infedeli o i proventi realizzati dall’evasione fiscale, sono utilizzati in attività economiche o finanziarie. L’aggiornamento è necessario anche nel caso di illeciti tributari pregressi.
L’adeguamento deve riguardare tutto il modello organizzativo ed i vari documenti ad esso connessi, partendo dall’attività di risk management che avrà come oggetto questo nuovo reato.
I proventi reimpiegati che generano l’autoriciclaggio possono derivare da diverse fattispecie di illecito come la dichiarazione infedele, l’omessa dichiarazione, la sottrazione fraudolenta aggravata, l’emissione di false fatture, etc.
Le eventuali sanzioni previste sono:
– sanzione interdittiva: interdizione dallo svolgimento dell’attività per un periodo non superiore a due anni;
– sanzione pecuniaria: da 200 a 800 quote. Da 400 a 1000 quote nei casi più gravi in cui per il delitto presupposto è prevista la pena della reclusione superiore nel massimo a 5 anni.
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