Responsabilità dei sindaci nelle false comunicazioni sociali

di Vincenzo Cristarella - - Commenta

Gli artt. 2621 e 2622 del Codice Civile sono stati oggetto di numerose critiche da parte della giurisprudenza e della dottrina. Si è, infatti, da più parti segnalato che il complessivo ridimensionamento dell’area dei fatti di rilevanza penale, dovuto ad una chiara preferenza per la ricostruzione delle fattispecie come reati di danno, anziché di pericolo, ha comportato una significativa compressione di quelle che sono state definite dalla dottrina le esigenze di tutela anticipata di interessi patrimoniali dei partecipanti al traffico giuridico, legate a pericoli specifici connessi ad utilizzazioni abusive o distorte di strumenti societari. Rammentiamo infatti che la riformulazione dei due articoli su indicati si è incentrata sulla drastica riduzione dell’ambito di applicazione della fattispecie di false comunicazioni sociali, nella convinzione, rilevatesi purtroppo il più delle volte non premiante, che la trasparenza dell’informazione societaria sia obiettivo da perseguire attraverso le effettive potenzialità di autotutela dei mercati piuttosto che mediante la minaccia di severe sanzioni penali.

Nella stessa ottica di insufficienza della risposta sanzionatoria si colloca, poi, il notevole contrasto giurisprudenziale creatosi circa la compatibilità dei nuovi artt. 2621 e 2622 del codice civile con l’ordinamento comunitario ed internazionale. La Corte di Giustizia della Comunità Europea, è stata investita della richiesta di valutazione della compatibilità della normativa italiana (e segnatamente degli artt. 2621 e 2622 del Codice Civile) con l’articolo 6, in relazione all’art. 2, paragrafo 1, lett. f), della direttiva 68/151/CEE (cosiddetta prima direttiva in materia societaria), in forza del quale gli Stati membri “stabiliscono adeguate sanzioni per i casi di (…) mancata pubblicità del bilancio e del conto profitti e perdite”, nonché con l’art. 2, cc. da 2 a 5, della direttiva 78/660/CEE (cosiddetta quarta direttiva), il quale stabilisce, con disposizioni di carattere generale in riferimento ai conti annuali, che questi debbono dare un “quadro fedele” della situazione patrimoniale, finanziaria e del risultato economico della società. Entrambe le direttive obbligano gli Stati membri ad adottare le modifiche normative necessarie ad attuarle (art. 13 della direttiva 68/151/CEE e art. 55 della direttiva 78/660/CEE).
Un’analisi più dettagliata del documento sarà oggetto di trattazione nella prossima circolare del revisore.

Autore dell'articolo
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Vincenzo Cristarella

Dottore commercialista in Brescia e Revisore legale, maturata esperienza significativa in ambito societario, tributario, procedure concorsuali e collegi sindacali, scrive su riviste specializzate su temi del collegio sindacale e revisione legale. Coordinatore della commissione "collegio sindacale: controlli di legalità e modello 231” dell'ODCEC di Brescia.

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