La rilevanza del collegio sindacale nella crisi d’impresa

di Andrea Sergiacomo - - Commenta

In questo difficile contesto economico finanziario in cui si trovano ad operare le imprese, è richiesto al collegio sindacale l’ulteriore sforzo di capire se l’azienda è in grado di continuare ad operare, oppure, debba ricorrere agli strumenti offerti dalla normativa civilistica e fallimentare, al fine di addivenire al componimento della crisi d’impresa.

L’insorgere della crisi d’impresa, implica per il  collegio sindacale e per i revisori di vigilare con particolare attenzione sull’eventuale superamento della stessa, oppure, impone che vengano suggeriti agli amministratori eventuali strumenti che consentano di evitare il peggio.

Il concetto di continuità aziendale, adeguatamente esposto nel documento n. 570 della Commissione paritetica per i principi di revisione, impone che sia l’organo amministrativo che l’organo di controllo verifichino la potenziale capacità dell’impresa di produrre redditi futuri.

Il CNDCEC, ha emanato con validità 1 gennaio 2012, le nuove norme di comportamento che si occupano della fase critica delle imprese, fornendo le linee guida sul ruolo dell’organo di controllo nella crisi di impresa. Giova evidenziare che il Consiglio nazionale con la norma di comportamento n. 11, ha individuato 3 aspetti fondamentali per la prevenzione della crisi d’impresa:

1)      Vigilanza del collegio sindacale nella prevenzione ed emersione della crisi;

2)      Vigilanza del collegio sindacale nelle condizioni in cui la società in stato di crisi, abbia adottato delle procedure concorsuali;

3)      Ruolo del collegio sindacale in presenza del fallimento dell’impresa.

Non va sottaciuto che soprattutto in merito al punto 3, il collegio sindacale si trova di fronte ad una situazione ormai “terminale” della crisi aziendale, e la sua attività di controllo deve essere rivolta alla conoscenza di adeguate norme e regole che soggiacciono alla normativa fallimentare.

In ordine al concetto di continuità aziendale, le disposizioni civilistiche che trattano l’argomento sono quelle relative all’art 2423-bis , c.c. dove si sottolinea che la valutazione delle voci di bilancio deve essere effettuata nel rispetto del principio di continuità dell’attività.

Al venir meno del principio della continuità aziendale, le voci iscritte nel bilancio di esercizio dovrebbero essere trattate secondo altri criteri; le voci dell’attivo e del passivo, infatti, riguarderebbero un’ impresa non più in funzionamento e pertanto il capitale di funzionamento dovrebbe essere valutato secondo i criteri di liquidazione.

Il Principio di revisione n. 570, individua essenzialmente tre indicatori di discontinuità aziendale:

1)      Indicatori Finanziari;

2)      Indicatori Gestionali;

3)      Indicatori di altro genere.

In merito al punto 3, tra gli indicatori di altro genere, vanno sicuramente sottolineati quelli che riguardano il capitale circolante netto sotto il limite legale, oppure l’insorgenza di eventuali cause e contenziosi di natura legale ed amministrativa.

A parere di chi scrive, nella prassi operativa, l’organo di controllo, deve basare le verifiche non soltanto su elementi di natura “tecnico-economica”, ma anche in base alla propria esperienza professionale.

Gi indicatori di cui sopra, che risultano peraltro di fondamentale importanza nelle analisi aziendali, necessariamente devono essere riscontrati da ulteriori variabili di natura esogena ed endogena all’impresa.

In un mercato “altamente variabile”, in cui le imprese si trovano ad operare, è opportuno effettuare eventuali verifiche sul proprio posizionamento e soprattutto analizzare se le aziende competitors stanno ponendo in essere operazioni commerciali o politiche di prezzo che potrebbero minare ulteriormente l’attività aziendale.

I nuovi strumenti di superamento della crisi aziendale possono essere identificati nei seguenti:

1)      Piano attestato di risanamento art 67 L.F.;

2)      Accordi di ristrutturazione dei debiti  art 182 L.F.;

3)      Concordato preventivo art 160 L.F. .

Autore dell'articolo
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Andrea Sergiacomo

Andrea Sergiacomo, Dottore Commercialista e Revisore legale dei conti. Abilitato alla professione di Mediatore civile . Componente della Commissione Cooperative Odcec di Roma . Componente della Commissione diritto societario Odcec di Tivoli. Autore di diverse pubblicazioni per riviste specializzate ed esperto in operazioni di riorganizzazione aziendale. Relatore in convegni in materia di contabilità e bilancio di esercizio, con particolare riguardo alle operazioni straordinarie. E’ stato docente di economia aziendale presso istituti tecnici. Ha frequentato corsi di specializzazione in diritto fallimentare ed il corso avanzato sui principi contabili internazionali presso l’Università di Tor Vergata. Svolge attività professionale nel proprio studio di Roma dove fornisce consulenza in diritto societario, diritto fallimentare e pianificazione fiscale con particolare attenzione alla crisi di impresa.

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