Aspetti contabili delle ristrutturazioni del debito: principio OIC 6

di Roberto Moro Visconti - - Commenta

È stata approvata la versione definitiva del nuovo principio contabile OIC 6, in merito alla ristrutturazione del debito e l’informativa contabile, che interessa principalmente i clienti di banche e finanziarie, oggetto di monitoraggio pure sotto il profilo contabile anche nella delicata fase di way out dalla crisi. Il documento è consultabile al link: http://www.fondazioneoic.eu/?p=8425.

Secondo il par. 4. del predetto principio contabile, per ristrutturazione del debito s’intende un’operazione mediante la quale il creditore (o un gruppo di creditori), per ragioni economiche, effettua una concessione al debitore in considerazione delle difficoltà finanziarie dello stesso, concessione che altrimenti non avrebbe accordato. Per tali ragioni, il creditore è disposto ad accettare una ristrutturazione del debito che comporti modalità di adempimento più favorevoli al debitore.

Nella definizione di ristrutturazione di debito possono rientrare anche altre operazioni diverse da quelle esplicitamente previste dalla legge fallimentare. Tra le altre operazioni di ristrutturazione del debito possono ricondursi, ad esempio, gli accordi stragiudiziali raggiunti dal debitore con i suoi creditori che non rappresentano strumenti per la risoluzione della crisi d’impresa e che pertanto non integrano i requisiti di cui all’art. 67 l.fall.

La definizione di “credito ristrutturato” contenuta nella circolare della Banca d’Italia n. 272 del 30 luglio 2008, “Istruzioni per la compilazione della Matrice dei conti”, è invece la seguente: “Esposizioni ristrutturate: esposizioni per cassa e “fuori bilancio” (finanziamenti, titoli, derivati, etc.) per le quali una banca (o un pool di banche), a causa del deterioramento delle condizioni economico-finanziarie del debitore, acconsente a modifiche delle originarie condizioni contrattuali (ad esempio, riscadenzamento dei termini, riduzione del debito e/o degli interessi) che diano luogo a una perdita. Sono escluse le esposizioni nei confronti di imprese per le quali sia prevista la cessazione dell’attività (ad esempio, casi di liquidazione volontaria o situazioni similari)”.

La concessione del creditore si sostanzia nella rinuncia dello stesso ad alcuni diritti contrattualmente definiti, che si traducono in un beneficio immediato o differito per il debitore, che trae un vantaggio da tale rinuncia, e in una corrispondente perdita per il creditore. Gli effetti di tale rinuncia sono misurati dalla variazione negativa (positiva) del valore economico del credito (debito) rispetto al valore contabile del credito (debito) ante-ristrutturazione.

La concessione accordata dal creditore, ovvero la rinuncia dello stesso ad alcuni diritti contrattualmente acquisiti nei confronti del debitore, può assumere differenti forme, a seconda delle modalità attraverso le quali viene realizzata la ristrutturazione del debito.

Se la ristrutturazione comporta una modifica dei termini originari del debito, la rinuncia da parte del creditore può riguardare, ad esempio:

  • l’ammontare del capitale da rimborsare (valore a scadenza del debito);
  • l’ammontare degli interessi maturati (anche moratori) e non ancora pagati;
  • l’ammontare degli interessi che matureranno dal momento della concessione fino al momento dell’estinzione dell’obbligazione (interessi maturandi);
  • la tempistica originaria dei pagamenti (a titolo di capitale e/o interessi) che il debitore avrebbe dovuto effettuare, con lo spostamento in avanti delle scadenze; la modifica delle tempistica originaria dei pagamenti può essere fruttifera o infruttifera (interessi maturandi).

 

Qualora, invece, la ristrutturazione del debito preveda la cessione di un’attività, la concessione fatta dal creditore al debitore può consistere nell’accettare in pagamento, quale modalità di estinzione parziale del debito, un’attività il cui valore risulti inferiore rispetto al valore contabile del debito.

Come rileva il principio OIC 6 nel par. 6, i debiti che solitamente risultano oggetto di ristrutturazione sono i debiti che si originano dall’acquisto di beni o servizi (debiti verso fornitori o debiti commerciali) e i debiti sorti per prestiti e finanziamenti ricevuti dall’impresa (debiti verso banche o debiti verso altri finanziatori).

Anche i debiti impliciti ed esigibili per contratti di leasing finanziario stipulati dal debitore/utilizzatore costituiscono a volte debiti oggetto di ristrutturazione. Secondo quanto previsto dal codice civile e dai principi contabili nazionali, anche se tali debiti non sono iscritti tra le passività dello stato patrimoniale, sono tuttavia esposti nella nota integrativa.

Come rileva il principio OIC 6, par. 7., le informazioni relative alla ristrutturazione del debito debbono consentire ai destinatari del bilancio, da un lato, di avere una chiara percezione della situazione di difficoltà finanziaria in cui versa l’impresa e, dall’altro, di comprendere i benefici economici e/o finanziari che la ristrutturazione del debito è in grado di produrre sull’economia dell’impresa anche ai fini di valutare tempi e modalità di superamento della situazione di difficoltà finanziaria, con il conseguente ripristino delle condizioni di equilibrio del sistema aziendale.

Autore dell'articolo

Roberto Moro Visconti

Dottore commercialista e revisore contabile in Milano, è docente di Finanza Aziendale nell'Università Cattolica del Sacro Cuore. Svolge attività di ricerca e advisory per gruppi internazionali, aziende familiari e holding in tema di operazioni di finanza straordinaria, valutazioni d'azienda, impairment test, M&A, project financing, marchi e brevetti, microfinanza. Consulente tecnico del Tribunale di Milano, si occupa anche di corporate governance ed è amministratore e sindaco di diverse società.

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